lunedì 14 marzo 2016

FSI: prossima fermata 2018



Esatto gentili colleghe e cari colleghi, avete capito bene, nonostante il pressing di cui siamo stati oggetto nelle ultime settimane da parte di USB (esplicitamente attraverso il proprio bollettino d’informazione) e di alcuni ex RSU della CGIL  dimessisi l’estate scorsa, noi, i quattro delegati FSI, a piede fermo abbiamo deciso di rimanere in RSU, di continuare la nostra azione sindacale di critica, di confronto, di proposta.
Come abbiamo sempre fatto.

Noi di FSI ci siamo riuniti venerdì 11 marzo con il preciso intento di verificare le nostre rispettive posizioni, di chiarirci le idee su ciò che vogliamo fare, ma soprattutto per fare il quadro delle situazione,  anche in un ottica di bilancio del lavoro fino a qui svolto.

Nico De Leonardis il 9 marzo ha pubblicato una sua personale riflessione con la quale di fatto anticipa, con toni estremamente raffinati e certamente efficaci, il sentire comune della compagine FSI. 

Non starò a ripetere i concetti che ha espresso e con i quali ci siamo tutti identificati.

Dirò solo, con parole mie, perché rimaniamo.

Chi ci conosce sa in cosa consiste la nostra azione fatta di assistenza diretta alle persone che si trovano in difficoltà davanti a vessazioni, abusi di potere e arbitrio.  Siamo sempre intervenuti per amore delle regole senza mai sottrarci al confronto con una certa parte della classe dirigente arrogante, autoreferenziale e convinta di poter disporre del proprio potere secondo principi di clientela cortigiana e non di giustizia.

Chi ci conosce sa quanto ci siamo spesi per criticare ogni comportamento illogico e irrazionale delle varie direzioni che sono succedute negli ultimi anni (da Coccolo fino a Robotto).

Chi ci segue sa anche come, negli ultimi due anni, davanti alle manovre diversive della direzione Robotto messe in atto per illuderci che esistevano margini di trattativa su questioni per le quali invece la Direzione non era altro che mera esecutrice del dettato della Politica, FSI abbia reagito scegliendo una propria linea di condotta, sottraendosi al gioco perverso nel quale la Direzione ci voleva relegare: il ruolo di comprimari nella farsa dei cosiddetti tavoli tecnici, messi su a bella posta per portare a spasso quella parte di sindacato convinta di poter scalfire decisioni già prese molto più in alto delle “teste pensanti” nostre interlocutrici.

Mi riferisco naturalmente alla vicenda della riorganizzazione “voluta” da Robotto e che ad oggi non ha esaurito i propri effetti in termini di caos assoluto determinato dal varo di continue disposizioni che si contraddicono l’un l’altra.   In tale circostanza abbiamo dimostrato che   FSI può essere alleata quando esiste condivisione di idee e programmi, ma non è gregaria di nessuno.

Non sto ad elencare tutte le cose che ci hanno caratterizzato in questi anni, d’altronde facilmente verificabili dalla lettura dei nostri resoconti, ma una cosa la diciamo a voce ferma all’indirizzo dell’USB e di molti ex CGIL  che pur di convincerci a mollare non esitano ad instillare dubbi sulla nostra genuinità:

NON ABBIAMO SECONDI FINI, NON ABBIAMO “FINALITA’ DIVERSE”;

i modi forse ci distinguono e questo è naturale, ma sia chiaro che
NON PERMETTIAMO A NESSUNO di definirci complici, complottatori o ruffiani di qualcuno.

La nostra storia parla per noi:

-  non abbiamo cercato favori per i nostri aderenti;
-  non ci siamo messi all’ombra di nessun potere;
-  non abbiamo cercato scorciatoie per chicchessia.

I nostri principi sono il nostro collante, il nostro comune denominatore. Altri non so se possono dire altrettanto.

Ad alcuni transfughi della CGIL che oggi ci accusano più o meno di collateralismo solo perché non ci dimettiamo facendo cadere una RSU malfunzionante e compromessa (questo sta nei fatti e lo riconosciamo) ricordiamo che quando hanno maturato questa decisone, per strategie loro, ci hanno messi davanti al fatto compiuto, non hanno chiesto un nostro parere, a noi che eravamo nella “maggioranza”. 

Se ne sono andati da un giorno all’altro, alla faccia nostra, dei loro elettori e con buona pace della democrazia.

Ai medesimi ricordiamo inoltre come, pur disponendo di un consenso talmente ampio da garantirgli in quel momento la maggioranza assoluta in RSU, non sono stati in grado di incidere in alcuna misura nelle decisioni della Direzione in tema di riorganizzazione. Questo crediamo dovrebbe portarli a riflettere e ad evitare di sparare ora giudizi a vanvera sulle nostre azioni. Non ci risulta, peraltro, che in passato, alcuni delegati RSU, abbiano improntato la loro azione con l’uguale coerenza, imparzialità e correttezza che oggi viene richiesta a FSI.

Il ricordo di alcuni errori del passato sono ben presenti nella memoria dei nostri colleghi.
Senza preconcetti, ma anche senza soverchie illusioni diciamo che se la RSU attuale sarà in grado di fare sintesi collaboreremo (anche se le prove più recenti non sono affatto incoraggianti) altrimenti noi siamo una minoranza, ma pur sempre significativa, in grado di continuare a fare autonomamente il lavoro svolto fino ad oggi, ovvero: critica, proposta, denuncia, difesa degli interessi singoli e collettivi.

Lo dobbiamo a chi ci ha votati, lo dobbiamo a chi ci segue.  

Il giorno 11 aprile 2016 si svolgerà a Torino una nostra assemblea nell’ambito della quale spiegheremo a chi vorrà intervenire le nostre ragioni, le nostre future iniziative sindacali aggiornando nel contempo i lavoratori rispetto al quadro generale della nostra Agenzia. 

Torino, 14 marzo 2016

Michele Lattanzio
Coordinatore FSI di Arpa Piemonte

mercoledì 9 marzo 2016

Cammafà. Sul divenire dell'agire sindacale (almeno della FSI)

Ogni mattina un lavoratore quando timbra il cartellino ha la sensazione di entrare in un'altra dimensione.


Questo spazio surreale che siamo in qualche modo costretti a frequentare, anche per banali questioni di sopravvivenza umana, è regolato da una norma che è sottintesa a qualsiasi atto formale o informale che sia: se la logica del pensiero umano, fuori dalla porta di ingresso, indica una direzione, noi possiamo essere intimamente sicuri che si intraprenderà la direzione opposta.


Siamo talmente imbevuti di questa logica che è difficile sottrarsene. Il nostro cervello si abitua all'illogicità perché l'assorbe da atti, documenti, email, atteggiamenti. Potremmo dire respiriamo questa "logica" perennemente e sistematicamente contro-deduttiva.


A titolo di esempio: tecnici che fanno gli amministrativi, continue riorganizzazioni (eppure siamo un ente principalmente di controllo), continui spostamenti di sedi e persone (mentre i confini regionali, la popolazione, il contesto produttivo, le infrastrutture, fattori che determinano l'organizzazione di un qualsiasi ente nello spazio sono sempre quelle da decenni). Se ci spingiamo ai fatti delle ultime settimane ci volevano far credere che avere due password per accedere ad una email era una cosa normale. Mi fermo qui perché ognuno di noi ha quotidiani esempi che possono provare questo quadro, oserei dire paradigmatico.


In un clima impregnato di anomia (ma di molte regole solo formali)  la principale battaglia che alcuni di noi portano avanti è non bruciare neuroni e fegato più del necessario. Rimanere ancora con un piede agganciato alla realtà è la cosa più importante che possiamo fare. In fin dei conti, rimanere se stessi.


Personalmente, mettendomi in gioco in questa nuova veste di rappresentante sindacale, ho avuto il piacere di constatare che il nostro Ente ha ancora un buon potenziale di resilienti, ovvero di persone e professionalità che si piegano ma non si spezzano di fronte alle continue "sfide" che l'illogicità dominante ci pone.


Negli ultimi giorni però questa convinzione è venuta un po' a mancare soprattutto osservando le dinamiche sindacali. La illogicità ha infettato qualcuno. Il problema è che questo qualcuno vi rappresenta.


Ricapitoliamo. Un gruppo di delegati RSU che avevano a riferimento una figura ritenuta importante al nostro interno si dimettono. Cambiano gli equilibri e ci troviamo un po' basiti (per i tempi, i motivi, e soprattutto per l’assenza di un coinvolgimento dei lavoratori).


Se, e credo di parlare a nome di tutti e quattro i delegati FSI, fossimo stati animati, all’epoca, da quell'indole predatoria che è tipica di questo spazio surreale che frequentiamo, avremmo subito pensato al facile consenso. Sfruttando e forzando la situazione con le nostre dimissioni saremmo ritornati al voto. Avremmo vinto, con altre facce nuove, belle, pulite, come sempre sono state le liste FSI.


All'epoca ci siamo fermati un attimo ma non più di tanto perché i nostri quattro percorsi sono diversissimi ma hanno un principio comune: la responsabilità delle proprie azioni.


In buona sostanza se mi avete votato, se avete votato FSI, è perché tuteli i vostri interessi, in una fase oltremodo critica dell'Ente. E guardate i nostri interessi hanno poco di politico e molto di pragmatico: sono le prospettive di crescita professionale, gli inquadramenti, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Ah si dimenticavo, ...la tutela dell’ambiente in un contesto che sia sostenibile nei fatti e negli atteggiamenti della nostra comunità. Tutti argomenti che possono (anzi debbono) avere una visione politica (a' piattaforma come la vende qualcuno ultimamente in varie sedi di Arpa) ma ciò non significa essere pregiudizialmente contro qualcuno.


Nel mondo là fuori le persone responsabili lavorano, rispondono alla loro intelligenza, mentre i ciarlatani fanno altro.


Succede dopo qualche mese che qualche figura torni a fare sindacato in un’altra sigla: siamo stati i primi ad applaudirlo. Una domanda sorge spontanea però: non ha valutato bene le conseguenze delle sue dimissioni ?


Poi però inizia un'altra storia, figlia della logica dello spazio surreale, qualcuno ci invita a dimetterci, dicendoci che poi ci seguirebbe. La buona educazione mi imporrebbe di non rispondere a quella che ritengo una fesseria, ma oramai fatemi andare avanti per amor di chiarezza.


La richiesta è oltremodo offensiva. Offende le nostre intelligenze e la nostra autonomia ma offende ancor più i lavoratori. Mi dovrei buttare nel pozzo perché me lo dice qualcuno? Ma in quale mondo vive uno che fa una proposta simile? La risposta è nelle prime righe di questa lettera: in un'altra dimensione. Fuori dal nostro mondo se uno vuole cambiare le cose fa il primo passo, non il secondo. E’ artefice del proprio destino con tutte le conseguenze del caso.


Ma c'è anche del non detto in quella richiesta. Quello che FSI non ha fatto per senso di responsabilità nei vostri confronti qualche mese fa, vuole essere ora capitalizzato elettoralmente da un'altra sigla che evidentemente ha raccolto qualche transfuga degli ex dimissionari. Evidentemente serviamo a rimediare al danno (e ai personalismi) che qualcuno tardivamente si è reso conto di aver fatto (a sé stesso, a qualche compagno, alla sua sigla, ma anche a voi tutti creando “irresponsabilmente” un vuoto che ha pregiudicato, anche solo per qualche mese, la funzionalità delle dinamiche tra sindacato ed amministrazione).


Cammafà non avrebbe potuto servire piatto migliore ai nostri datori di lavoro. Che dobbiamo farci!


Qualcuno dice, insomma, " il pallone l'ho portato sempre io ma se la partita non mi piace me lo prendo, vado a casa, ci penso un po’, e magari dopo vado a giocare con altri compagni".


Un bel quadretto democratico giocato sulle spalle vostre, con lo stesso cinismo che si rinfaccia ad ogni piè sospinto ai nostri interlocutori (il datore di lavoro per intenderci). Valutate voi se c'è un comportamento responsabile. Secondo me chi ha fatto questa proposta non ha un minimo di dignità (e in qualche modo riconoscenza per quanto FSI ha fatto per tutelare tutte le voci della RSU).


A me questo quadro non piace. Il contesto è grigio, fosco, manca la luce, ma due pennellate noi del FSI riteniamo ancora di poterle dare. Ci scriveremo responsabilità e correttezza.
Poi se non vi piacciono toglieremo il disturbo ma ce lo direte voi, a tempo debito, con il vostro voto. Nessun altro.



Il vostro affezionatissimo

Domenico De Leonardis
Delegato FSI Arpa Piemonte

p.s. Immagino già l’uso distorto che si farà della parola “responsabilità” spesso abusata in politica per indicare chi sostiene maggioranze e posizioni poco difendibili per tornaconti non proprio chiari. Essere responsabili, nel nostro caso, non significa abdicare ad una radicalità delle posizioni e su questo la FSI non accetta lezioni da nessuno. La FSI è forte perché ha sempre avversato, anche di recente, scelte irrazionali, voltafaccia su accordi già presi, una logica della “fruttuosa” (solo per alcuni) negoziazione. Non siamo mai stati complici di questa deriva cui assistiamo e non cambieremo rotta proprio adesso.